Narrazione e Gioco di Ruolo: Quando le Storie Prendono Vita
- Francesca Petroni
- 18 feb
- Tempo di lettura: 8 min
Aggiornamento: 20 mar
Il gioco di ruolo non è solo dadi e schede, ma un’esperienza narrativa intensa, capace di trasportare i giocatori in mondi di avventure epiche e scelte profonde. Ogni personaggio è una storia in divenire, ogni decisione un tassello che costruisce il destino. In questo intreccio tra narrazione e improvvisazione, emergono momenti di pathos, crescita e legami indissolubili. Perché, in fondo, il vero potere di un GdR sta nel raccontare storie che restano impresse, dentro e fuori dal gioco.
Litigate epiche, amicizie decennali, tutto questo è il GDR. In questo post voglio condividere le narrazioni che ho scritto ieri, all'indomani di una missione che i miei personaggi hanno considerato fallimentare (ma che alcuni di loro hanno definito un successo solo per il fatto di esserne usciti vivi).
Sottolineo che questi personaggi sono giocati da persone vere, io non ho fatto altro che riportare in forma narrativa la notte di riflessioni all'indomani della missione. Vediamo come si unisce Narrazione e Gioco di Ruolo.
Personaggi:
Wes (WesleyGraves) combattente formidabile, freddo come l'acciaio. Ha molte responsabilità sulle sue spalle e poca attitudine alle relazioni umane. Il suo voto a proteggere il Regno del Thaemor e chi crede in lui è un peso che non si alleggerisce mai.
Vixie. La Ragazza Volpe. Un tempo era umana, ma ha scavato troppo in fondo a una tomba ed è stata maledetta da un essere misterioso. Istintiva e a tratti geniale, sembra avere una naturale capacità a mettersi nei guai e atrascinarci tutti gli altri.
Tlescor. Il Signore dell'Elettricità. L'elettricità percorre il suo corpo come sangue nelle vene. Un compagno impagabile, in grado di prendere rischi su di sè ed affrontarne le conseguenze. Ma stavolta persino lui ha bisogno di qualcuno che possa condividere il suo fardello. Gli restano cinque mesi di vita e per la prima volta lo confida a Kara. Un Personaggio Non Giocante (quindi interpretato da me).
Jericho. Il Costruttore di Mondi. Due corna di cristallo azzurro, un passato devastante di cui gli restano solo frammenti. Creatore di macchine e congegni straordinari, la sua arte ha un tocco divino. O dannato.
Lyra. La Benedetta della Luna. Lyra è una guerriera dalla bellezza enigmatica e dallo spirito selvaggio, nessuno fonde grazia e ferocia coe lei. Tigre e umana, istinto e razionalità, è un rifugio silenzioso per chi cerca equilibrio, una guida che ispira senza imporre.
Antefatto - Il Santurario Aureo
Si sono avventurati nel Santuario Aureo, una delle roccaforti più temibili della Convergenza, un'organizzazione spietata di studiosi e manipolatori di potere nel mondo di Numenera. L
a missione? Salvare Kiara, la figlia del Primo Papa d'Ambra, caduta nelle loro mani. Ma il Santuario si è rivelato una trappola letale: difese avanzate, nemici scaltri e artefatti proibiti hanno trasformato l’impresa in una disperata lotta per la sopravvivenza.
Alla fine, l’unico obiettivo è diventato uscirne vivi. Distrutti nel corpo e nello spirito, hanno lasciato il Santuario con più domande che risposte, segnati dal fallimento e dai conflitti personali che ora minacciano di dividerli. Ma la battaglia non è finita. Non ancora.

La Notte delle Ombre e dei Destini
Wesley Graves
La notte avvolgeva il Pinnacolo con il suo silenzio spietato. Solo il vento tra le guglie spezzava l’immobilità, insinuandosi tra le pietre come un sussurro di fantasmi. Wes sedeva sul bordo di una terrazza sopraelevata, lo sguardo perso oltre le mura di Auspar, oltre il regno che aveva giurato di proteggere. Le luci della città pulsavano deboli nella distanza, indifferenti al peso che gravava sulle sue spalle.
Fallimento. Il termine gli rodeva dentro come un morbo. Aveva guidato il gruppo nel cuore del Santuario Aureo, affrontato le insidie della Convergenza, combattuto con ogni fibra del suo essere. Ma non era stato abbastanza. Kiara era ancora nelle mani dei loro nemici, e la loro sortita si era trasformata in una ritirata disperata. Aveva promesso a se stesso che non avrebbe fallito, che nessuno sarebbe morto per la sua incapacità. Forse, pensò con un’amarezza che gli serrò la gola, non era mai stato in grado di mantenere quelle promesse.
La sua mente tornò a Vixie. Alla sua impulsività. Al momento in cui aveva scagliato quel traditore nel portale, privandoli di un’opportunità preziosa. Aveva riversato su di lei tutta la sua rabbia, eppure sapeva che non era per lei. Era per se stesso. Per il senso di impotenza che lo divorava.
Chiuse gli occhi e si lasciò cadere all’indietro, disteso sul freddo della pietra. Il cielo sopra di lui era vasto, infinito. Quante stelle avevano visto guerrieri migliori di lui fallire? Quante volte aveva visto i suoi compagni cadere, annientati da un errore, da una decisione sbagliata? E ora, era lui ad aver sbagliato. A perdere la presa su tutto.
Vixie
Lontano dal Pinnacolo, tra i boschi fuori città, Vixie riposava. O almeno ci provava. Il freddo della notte le rizzava il pelo, mentre le orecchie si muovevano appena, captando ogni sussurro della foresta. Aveva trascorso la serata con Dario, eppure, nonostante il calore della sua compagnia, il peso delle ultime ore non aveva fatto che crescere dentro di lei.
Il rimprovero di Wes bruciava ancora. Il suo tono gelido, il giudizio senza appello. L’aveva ferita, certo, ma non era solo quello. Era la sensazione di essere trattata come un peso, come un’idiota incapace di prendere decisioni. E che quando le prendeva era ancora più incapace. Ma non era così. Lei aveva agito. Aveva fatto qualcosa che sentiva gusto in quel momento. Eppure…
Strinse i pugni sotto la coperta, il respiro irregolare. Non era solo rabbia. Era qualcosa di più profondo, più viscerale. Una voce nella sua testa che la spingeva a dimostrare il proprio valore. Non voleva più sentirsi un’incognita nel gruppo, l’elemento caotico da tenere sotto controllo. Aveva vissuto troppo tempo cercando risposte, cercando un senso nella sua trasformazione, nel suo posto in quel mondo. Ora, più che mai, sentiva che il momento di aspettare era finito.
Aprì gli occhi. Sopra di lei, il cielo era lo stesso che Wes stava fissando. E per quanto fosse lontano, per quanto la sua voce l’avesse ferita, non avrebbe permesso che il suo giudizio la definisse.
Domani. Sì, domani avrebbe trovato un modo per dimostrare chi era davvero.

Tlescor e Kara
Nel cuore decadente della malavita di Auspar, tra le ombre tremolanti delle lanterne e il tanfo di alcool e ruggine, Kara sedeva con le ginocchia strette al petto, le dita che giocherellavano con la lama del suo coltello, ma senza la solita ferocia. Davanti a lei, Tlescor parlava, e le sue parole le scivolavano addosso come lame sottili. Cinque mesi. Un numero che avrebbe dovuto essere solo un dettaglio, ma che invece le batteva nella testa come un tamburo di guerra.
Non voleva crederci. Non poteva. Sollevò le labbra, la lingua che scivolava sui denti come quella di un serpente. Tlescor non era come gli altri. Lui l’aveva accettata così com’era, non l’aveva mai giudicata, né tentato di cambiarla. E ora? Ora la lasciava lì con quelle parole? Cinque mesi? Come poteva dirlo con quella calma? Come poteva accettarlo?
Scattò come una vipera minacciata, il coltello che le scivolò dalle dita per cadere sul tavolo con un tonfo sordo. "No. NO! Tlescor."
Il respiro sibilava, gli occhi dai bulbi distorti, pieni di qualcosa di caotico e affilato. "Non posso starti a guardare mentre parli della tua morte come se fosse una scadenza su un pezzo di carta. Troverò un modo. Troverò qualcuno! Anche se dovessi strisciare da qualche dannato essere che nemmeno voglio nominare!"
Le mani le tremavano, le dita si strinsero a pugno. Lo fissò, ansimando, come se cercasse di scavare nel suo sguardo una reazione, qualsiasi cosa che non fosse quella calma rassegnata. "Io non ti lascerò morire. Mi hai sentito?”
Silenzio. Pesante, denso. Tlescor la guardava, e per un istante—un attimo appena—qualcosa nei suoi occhi si incrinò. Non disse nulla. Ma non si ritrasse.
E per Kara, quello non era abbastanza. Non ancora. Ma sarebbe stato un inizio. A costo di far scorrere sangue anche nel dannato fiume Tithe.

Jericho
La notte si insinuava ovunque, nelle crepe dei muri, nelle fratture del tempo e della memoria. Jericho sedeva in silenzio nel suo laboratorio, circondato da frammenti di cose rotte. Il metallo contorto, i cristalli incrinati, gli ingranaggi che attendevano il suo tocco per tornare a funzionare. La sua mente era come quel luogo: una distesa di pezzi in attesa di essere ricomposti.
Il fallimento al Santuario Aureo gravava su di lui come un'eco distante, sovrastata da un altro suono, più intimo e sibilante. Un richiamo dalle pieghe della sua esistenza passata, dalle memorie che giacevano ai margini della sua consapevolezza. Un costruttore, o un distruttore? Lo sentiva dentro, un battito irregolare tra la carne e il cristallo che lo componeva. Eppure, cosa lo definiva veramente? Quale delle due metà avrebbe scelto di essere?
Aveva parlato con Wes di Vixie. Aveva cercato di dare forma alle loro debolezze, di trasformarle in punti di forza, come avrebbe fatto con una macchina difettosa. Vixie non aveva bisogno di rimproveri, ma di raffinazione. Di miglioramento. Di un'evoluzione guidata. Per lui, era una soluzione ovvia. Non si poteva biasimare un costruttore per voler costruire. Ma ora, seduto nel silenzio della notte, si chiedeva se la sua proposta fosse stata giusta. O se fosse stata un'altra forma di imposizione, di controllo. Un'altra eco di quello che era stato.
Sollevò una mano e osservò la luce riflettersi sulle sue corna di cristallo. Bellissime e alienanti, spezzavano l’oscurità con bagliori freddi, distaccati. Come lui, sospesi tra due nature. La sua intelligenza era un dono, la sua capacità di creare un'arte. Ma se non fosse riuscito a decifrare se stesso, che valore aveva davvero la sua esistenza?
La notte poteva avere molte forme. Per lui, era fatta di schegge, di riflessi e ombre che danzavano sulle pareti del suo rifugio. Attese che il silenzio gli desse una risposta. E forse, quando il giorno sarebbe arrivato, avrebbe capito quale parte di sé era destinata a sopravvivere.

Lyra
La notte avvolgeva Lyra in un manto di riflessioni silenziose. Si muoveva con la stessa grazia innata che la caratterizzava, fluida come un’ombra, leggera come il respiro del vento tra le fronde. I suoi capelli rossi catturavano la luce fioca della luna, ondeggiando come lingue di fuoco domato. Non parlava molto, ma quando lo faceva, ogni parola sembrava cadere al posto giusto, pesando più di mille proclami.
Il Santuario Aureo l’aveva messa alla prova. Un’avventura più grande di lei, forse, eppure non si era tirata indietro. Aveva combattuto quando necessario, protetto chi doveva essere protetto, ma si era sentita trascinata più che guidata. E si era adeguata con la stessa aggraziata fluidità con cui aveva accettato e superato ogni ostacolo nella vita.
Ma ora, si chiedeva cosa sarebbe successo se fosse stata lo scoglio che arginava la marea. Se avesse guidato più che seguito. Poteva farlo? Qual era il confine tra autorità e autorevolezza? Non era come Wes. In fin dei conti, non voleva nemmeno esserlo.
Lo capiva, non faceva fatica a farlo, le persone erano per lei come acqua cristallina, anche se a volte quella stessa acqua scorreva in caverne interiori più oscure della notte. Ma non era quella la sua natura. Lei non era una lama affilata. Lei era l’artiglio ed era il sangue. Lei non era una voce ruvida o uno sguardo di ghiaccio, lei era la brezza che si insinua e avvolge.
Poteva anche essere una vento che piega senza spezzare? Poteva essere la burrasca che sollevava innumerevoli onde al suo fianco? Non sapeva cosa rispondersi.
Eppure i Benedetti dalla Luna si erano affidati a lei, non per comando, ma per istinto. Lei, che non si era mai vista come una leader, era diventata un faro nella disperazione.
Certo, a volte, l’incertezza si annidava come una seconda natura. Era tigre e umana, istinto e razionalità, slancio e controllo. Il confine tra le due cose si stava assottigliando sempre di più, ma era come una terra ancora inesplorata. Il gruppo aveva bisogno di una guida, ma lei riusciva solo a essere se stessa: presente, attenta, un rifugio per chi cercava equilibrio in mezzo al caos.
Si fermò, lo sguardo perso tra le ombre della notte. Forse non avrebbe mai avuto certezze su chi fosse davvero. Forse era proprio questo il suo enigma più grande. Ma sapeva che, nel momento giusto, avrebbe saputo agire. Perché Lyra non aveva bisogno di certezze per essere un faro nelle tempeste degli altri.

Narrazione e Gioco di Ruolo - Conclusione
Il gioco di ruolo è molto più di una semplice avventura: è introspezione, crescita, emozione. Ogni personaggio porta con sé dubbi, sogni e scelte che plasmano il mondo attorno a loro, creando storie che vanno oltre il lancio di un dado. In questa notte di riflessioni, tra fallimenti e speranze, ognuno ha affrontato il proprio percorso interiore, rivelando ciò che li rende unici. Spero che vi siate diverititi a leggere queste brevi scene!
E voi? Qual è stata la scena più intensa che avete vissuto in una sessione di GdR? ✨
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