APOLOGIA DELL'ACCIDIA
- Francesca Petroni
- 11 mar
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 18 mar
di Francesca Petroni (tratto dalla raccolta 7 Anime Perdute edito da Bertoni Editore)

Fare.
Una sola parola, breve, innocua. Confortante, persino.
Fare.
La fonte di ogni esperienza, latrice di conoscenza e potere.
Fare.
Senti la dolcezza con cui inizia fra le labbra? E infine, quel ribattere sensuale della lingua sul palato, lo senti?
Fare.
Un'altra volta. Di nuovo. E ancora.
Fare. Fare. Fare.
Eccola, ora riesci a percepirla? L'angoscia nascosta, il mormorio serpeggiante della sua illusione? Tienila con te, imprimila sulle tue buone intenzioni, su tutto quello che ti hanno insegnato.
Non mentire a te stesso, come ho fatto io per troppo tempo. Accogli il terrore che si dibatte nella parte più oscura del tuo cuore: sarà l'unica cosa che ti salverà. Perché fare è la peggiore delle maledizioni, un peccato originale a cui il Nulla ha destinato tutti noi.
Credi che io non lo sappia? Che non conosca il demoniaco richiamo dell'autorealizzazione?
Ti sbagli. Avrei dato qualunque cosa per la conoscenza assoluta. Avrei barattato la mia anima per l'accesso al segreto più profondo dell'Universo.
E l'ho fatto.
Ho sondato gli abissi della conoscenza, i suoi più arcani recessi. Se solo non fossi stata io quella persona, se solo avessi compreso la completa inutilità di tale ricerca.
Ma no, come avrei potuto? Il fallimento è un'onta che brucia come mille lingue roventi. Le hai già sentite scorrere sulla tua pelle, ne porti i segni, guardali.
Ti fanno ribrezzo? E che effetto ti fanno gli altrettanti occhi giudicanti che ti assediano?
Non è mai abbastanza, niente lo è. Eppure, continui ad agitarti nelle tue faccende. Ti tieni impegnato.
Ah, giusto. Parlavamo di grandi obiettivi, non di lavare i liquami maleodoranti con cui il corpo sommerge ogni tentativo di bellezza. Non parlavamo di indugiare nei discorsi vuoti di cui le tue orecchie traboccano. Né delle languide promesse di felicità che brillano sugli schermi da cui sei ipnotizzato.
Ti vedo, il mio stato me lo consente. Sento la tua dannazione come se fosse la mia.
Come lo è stata la mia. Perché ora che ogni cosa è accaduta e che il futuro e il passato hanno perso ogni forma, anche quella si è perduta.
Avrei riso, forse. Anzi, avrei riso, senza dubbio. Riso di te che credi nel valore delle tue azioni e, così facendo, avrei riso di me stesso. Senza saperlo.
Proprio io che ho cristallizzato il mio tempo nella conoscenza, non lo avrei capito.
Ora lo so. Ma quando rendi reali le tue illusioni, quando credi che ciò che farai cambierà qualcosa, non riesci a vedere la vera natura delle cose.
Alla fine non verrà nessuno a congratularsi con te.
Cosa dici? Ma certo.
Dio.
Come faresti senza, vero?
No, rasserenati. Non sono qui a convincerti della sua falsa presenza. Lo sai già da te. Altrimenti non avresti tutta questa paura della morte.
Lo hai mai immaginato, quell'ultimo istante? Hai mai immaginato in che condizioni ci arriverai?
Dimmi, quanto ti conforta Dio, adesso?
Non rispondermi, hai di meglio da fare.
Squilla il telefono, qualcuno ti reclama dall'altra stanza, l'aguzzino che chiami capo ti ha chiesto un lavoro urgente. Hai un bel libro da leggere, stasera ti aspetta una serata in compagnia.
Non ci pensare, in ogni caso non servirebbe.
Continua a fare. Più veloce, più accurato. Alzati e sorgi come il sole al mattino. Non hai voglia? Sono l'ultimo a poterti biasimare.
Dopotutto, l'alternativa è cedere alle lusinghe del mondo, come un assetato nel deserto che ingoierà sabbia credendola acqua cristallina. Sei libero di ingozzarti, per quanto mi riguarda.
Perché è questo il segreto: qualunque sarà la tua scelta, non farà alcuna differenza. Perché nell'Assoluto, tutto è Uno e Uno è tutto. Il tuo ego ne sarà disintegrato e nulla rimarrà della persona che credi di essere.
Dove saranno le tue belle speranze in quel momento? Frantumate in pezzi così piccoli da essere niente.
Ma voglio darti una bella notizia: ne sei spaventato nella stessa misura in cui ne sarai sollevato.
Mi odi? Oh no, odi quella parte di te che io rappresento. Guarda meglio.
O forse provi pena per me. Anche in questo caso, però, forse provi pena per te stesso.
Ancora una volta, non posso biasimarti.
Ti sento pronunciare la parola amore. Anzi, fiumi di parole, oceani sconfinati di parole sull'amore. Quando sarai niente nel Tutto, cosa resterà del tuo amore? I tuoi sentimenti, sempre assetati di qualcosa o qualcuno che si trova al di fuori di te, si spegneranno come se non fossero mai esistiti. Lo stesso varrà per qualunque altra emozione a cui dai un temporaneo valore di realtà.
Stupidaggini, idiozie, farneticazioni di un pazzo. Dietro qualunque barriera tu ti stia trincerando nel disperato tentativo di non essere me, sappilo: in un punto nel futuro, è già successo e non c'è niente che tu possa fare per evitarlo.
E ora ascoltami, perché non lo ripeterò di nuovo: fermati. Non c'è bisogno di fare, non hai nulla da rincorrere.
Non è un peccato.
Il male, come il bene, non è che una necessità di copione sul palcoscenico della vita. Rilassati, goditi lo spettacolo finché il sipario è ancora ben saldo sopra di te.
So che ti senti già meglio.
Perché non è fare ciò che stai cercando, ma è essere.
E tu, sei.
P. S. Non scriverò più di così perché, dopotutto, ho già fatto abbastanza. E in definitiva, a cosa servirebbe?
Raccolta completa di Bertoni Editore qui: 7 Anime Perdute
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